L'immortalità e il passaggio 3

In questo articolo ti spiegherò alcuni concetti astrologici, presenti nella Bhagavad-gītā, connessi al momento di passaggio – ciò che chiamiamo morte, anche se è solo una trasformazione. In particolare vedremo l’esempio di uno dei più famosi eroi del Mahābhārata, Bhīṣma: la sua incredibile storia, il suo terribile voto e la benedizione che ottenne.

Lo scenario del Mahābhārata

Il Mahābhārata è uno dei più antichi poemi epici dell’antica India, opera mastodontica di 100.000 versi. Questo testo racconta le vicissitudini che portarono alla sanguinosa guerra di Kurukṣetra, una battaglia di proporzioni mondiali che vide scontrarsi due rami della stessa famiglia regale. Poco prima di questa guerra, quando gli eserciti erano schierati l’uno davanti all’altro, la Bhagavad-gītā venne narrata da Kṛṣṇa ad Arjuna. Questo scambio è registrato nel capitolo intitolato Bhīṣma-parvan. Non è un caso che questo capitolo prenda il nome da Bhīṣma, il patriarca di questa dinastia regale, memoria storica del lignaggio a cui appartenevano le due fazioni .

L'immortalità e il passaggio 4

Bhīṣma

Bhīṣma era l’ottavo figlio semi-divino dell’imperatore Śantanu e della divina Gaṅgā. Una volta che Gaṅgā tornò nei pianeti celesti, Śantanu volle sposarsi di nuovo. Śantanu si innamorò così di Satyavatī, che incontrò durante un’escursione. Ma il padre della bellissima donna, per concedere la mano della figlia, pretese un’impossibile condizione: il figlio nato dalla loro unione sarebbe diventato il nuovo imperatore. Śantanu rifiutò.  Tornò così nel suo regno, profondamente disperato: come avrebbe potuto togliere al suo primo figlio, Bhīṣma, il suo diritto di nascita? Bhīṣma era qualificato sotto tutti gli aspetti e aveva ricevuto un’educazione celeste, in virtù della sua origine semi-divina.

Bhīṣma alle strette

Śantanu era in crisi. Da una parte l’amore verso il figlio e dall’altra l’ossessione verso quella donna meravigliosa. Śantanu non era più lo stesso e Bhīṣma si accorse della condizione del padre. Dopo aver chiesto invano a Śantanu, dopo aver consultato i ministri e dopo aver indagato sulla questione, Bhīṣma riuscì a risalire alla causa. La causa era lui stesso, o meglio ciò che rappresentava: l’erede al trono di Hastināpura. Davanti al padre di Satyavatī, Bhīṣma fece il voto di rinunciare al regno, così che il figlio primogenito della nuova unione sarebbe stato imperatore. Ma ciò non bastava. La famiglia di Satyavatī avrebbe dovuto continuare la stirpe regale creando un nuovo ramo e i discendenti di Bhīṣma non avrebbero dovuto rivendicare il loro diritto, poiché se Bhīṣma avesse avuto figli, questi avrebbero avuto – prima o poi – la precedenza al trono rispetto ai discendenti del ramo di Satyavatī.

Il voto di Bhīṣma

Bhīṣma non poteva vedere il padre in quelle condizioni. Doveva fare una scelta. Era stato educato, da divini insegnanti, sul fatto che la vita è fatta per servire. Siamo qui, in questo mondo, per dare il nostro contributo. Decise dunque di risolvere la situazione col suo sacrificio. Così, dopo essersi lavato mani e piedi, prese il suo filo sacro e fece un voto solenne. Sarebbe rimasto celibe a vita: non si sarebbe sposato e non avrebbe avuto figli. Avrebbe servito il trono di Hastināpura per tutta la sua vita. Ma non come re. Piuttosto come difensore, amministratore, ministro, alto funzionario. Come servitore del re, ma non come re. Solo chi ha letto il Mahābhārata sa quante difficoltà Bhīṣma ebbe a causa di questo voto, tutte le tentazioni che gli si presentarono innanzi e, in ultimo, la sua eroica determinazione nel seguirlo.

La benedizione di Bhīṣma

Appena le parole solenni vennero enunciate da Bhīṣma, il cielo fece un boato. Gli esseri celesti suonarono tamburi ed emanarono tuoni in ammirazione alla dedizione di questa grande personalità. Gli venne così dato il nome Devavrata: colui che emise un voto divino, o che attraverso il suo voto soddisfò gli esseri divini.

Il padre Śantanu, quando venne a sapere dell’atto di dedizione e amore del figlio, cercò in tutti modi di far annullare quel terribile voto, ma Bhīṣma era determinato e inamovibile come una montagna. Vedendo il carattere puro di Bhīṣma, Śantanu gli diede una benedizione: icchā-mṛtyu. Ovvero Bhīṣma avrebbe potuto scegliere quando morire, avrebbe potuto scegliere il momento in cui morire. In poche parole Bhīṣma divenne pressoché immortale.

Immortalità

Paradossalmente – un paradosso che si risolve quando si realizza il piano più alto dell’esistenza umana – nel dialogo filosofico della Bhagavad-gītā, che si trasforma presto in uno scambio tra insegnante e studente, il tema della morte è presto risolto (già dai primi versi del secondo capitolo) dal concetto di eternità del sé. Proprio nel luogo – il campo di battaglia – in cui la Morte è lì che aspetta contando i secondi, questa viene ben presto liquidata come inconsistente, incapace di affliggere la natura intrinseca dell’essere: una transizione ciclica e naturale come il cambio di un vestito. A proposito puoi guardare queste mie conferenze: Destinazione dopo la MorteSamsara.

Il significato esoterico della benedizione di Bhīṣma

Siamo immortali. Questo vale per tutti. Vale per noi. Vale per tutti i re che erano sul campo di battaglia. Vale per Bhīṣma. Il sé, l’anima, la forza vitale che rende vivo il corpo, è immortale. È solo il corpo che si trasforma. Da questa prospettiva che senso ha, allora, la benedizione icchā-mṛtyu che Śantanu diede a Bhīṣma?

Bhīṣma sarebbe potuto morire (mṛtyu) quando voleva (icchā). Perché morire allora? Perché non rimanere sempre in questo corpo? Beh, il corpo di Bhīṣma era soggetto all’invecchiamento. La clausola non prevedeva l’eterna giovinezza. La vita di Bhīṣma fu piena di responsabilità, crisi e fluttuazioni di fortuna. Non c’era una clausola che prevedeva un’eterna felicità. Icchā-mṛtyu: Bhīṣma poteva morire quando desiderava. A cosa può servire? Cosa avresti fatto di questa benedizione?

L’istante della nascita

La nostra nascita avviene in un momento specifico. Quel momento contiene al suo interno il karma che sperimenteremo nella vita. Per questo l’Astrologia Vedica osserva l’ora, il giorno e il luogo di nascita per osservare il tuo karma. Puoi approfondire guardando questi articoli: L’influsso degli AstriSaturnoOroscopo VedicoI fili del Karma.

La nascita è una trasformazione, dopotutto non esisti già dal concepimento? Non hai sguazzato come un piccolo girino nel liquido amniotico per nove mesi? Poi qualcosa si è rotto, una luce ti ha investito mentre venivi catapultato in un mondo che non vedevi, un mondo freddo, abbagliante e rumoroso. La prima cosa che hai fatto è stata urlare.

L’istante della morte

Allo stesso modo la morte è un passaggio, una trasformazione. Quando si muore non si muore in un momento casuale. Il momento della morte rivela cosa accadrà dopo il passaggio, la destinazione futura, il tempo di attesa e molto altro. È un momento cruciale, perché come l’istante della nascita stabilisce il karma di questa vita, il momento della morte stabilisce il karma della prossima vita. A proposito puoi vedere questi articoli: Destinazione dopo la MorteSamsaraPuṇya Cakra – Oroscopo del Defunto

Bhīṣma aveva ricevuto il potere di morire – o meglio di eseguire questo passaggio – nel momento che desiderava. Poteva scegliere l’istante. In altre parole, scegliendo l’istante, avrebbe potuto scegliere la destinazione dopo la morte. Questa è considerata una siddhi (perfezione) dello yoga.

E se tu ricevessi questa benedizione?

Ok, immagina per un attimo di essere Bhīṣma. Immagina di aver ricevuto la sua benedizione. Puoi scegliere quando morire e così facendo puoi scegliere dove andare, ma che connessione c’è tra il tempo e la destinazione?

Come ti ho detto devi studiare in modo astrologico i versi 24 e 25 dell’ottavo capitolo della Bhagavad-gītā. Il verso 24 spiega come ottenere la liberazione, mentre il verso 25 illustra quali sono le condizioni temporali che causano la rinascita. Vediamoli insieme dopo aver visto alcuni concetti astrologici preliminari.

I due cammini del Sole

Il Sole si muove tra le costellazioni proprio come fanno gli altri pianeti. Il Sole cambia Segno Zodiacale ogni mese. In questo processo il Sole percorre due cammini, detti ayana (lett. via, andare):

  • Quando il Sole si muove verso Sud, il cammino è chiamato Dakṣiṇāyana. Ciò accade quando il Sole percorre l’arco tra Karkaṭa-rāśi fino a Dhanur-rāśi. Ovvero quando il Sole entra nel 0° Cancro, percorre Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione e arriva fino ai 30° di Sagittario. Questo avviene da luglio a gennaio.
  • Quando il Sole si muove verso Nord, il cammino è chiamato Uttarāyaṇa. Ciò accade quando il Sole percorre l’arco tra Makara-rāśi fino a Mithuna-rāśi. Ovvero quando il Sole entra nel 0° Capricorno, percorre Acquario, Pesci, Ariete, Toro e arriva fino ai 30° di Gemelli). Questo avviene da gennaio a luglio.

I due punti di transizione tra questi due cammini sono chiamati Makara-saṅkrānti, quando il Sole entra in Capricorno (verso gennaio) e Karkaṭa-saṅkrānti, quando il Sole entra in Cancro (verso luglio).

L'immortalità e il passaggio 1

Le fasi della Luna

La Luna oscilla costantemente da luce a ombra. L’apice della luce è la Luna Piena, mentre l’apice dell’ombra è la Luna Nuova. Il mese lunare è diviso in due fasi:

  • La fase crescente (śuklaḥ), dove la Luna passa da Nuova a Piena.
  • La fase calante (kṛṣṇaḥ), dove la Luna passa da Piena a Nuova.

L'immortalità e il passaggio

Il significato sottile è facilmente deducibile. La Luna riflette la luce del Sole, che rappresenta la conoscenza e la spiritualità. Mentre l’oscurità della Luna è come un eclissi, perciò rappresenta Rahu.

Il momento della liberazione

Questo è il verso sanscrito (BG  8.24) che spiega che le persone (janāḥ) che hanno conoscenza della loro natura spirituale (brahma-vidaḥ) e che effettuano il passaggio (prayātāḥ) secondo determinate condizioni ottengono (gacchanti) la liberazione (brahma).

agnir jyotir ahaḥ śuklaḥ

ṣaṇ-māsā uttarāyaṇam

tatra prayātā gacchanti

brahma brahma-vido janāḥ

Oltre al fatto che la persona deve essere spirituale o conoscere la propria natura spirituale, queste sono le condizioni espresse dal verso:

  • quando c’è forte l’energia Agni (agniḥ), l’energia del fuoco:
    • Può essere connesso al Martedì e alla Domenica, retti entrambi da pianeti di fuoco: Marte e Sole;
    • Può essere connesso all’Hora di Marte o del Sole (ci sono 24 Hora in un giorno);
    • Può essere connesso al mezzogiorno, Sole in Casa 10; Casa che rappresenta la dimensione celeste (svarga-loka);
    • Può essere connesso al sacrificio rituale del fuoco o yajña (in quest’era il sankīrtan-yajña), ovvero lasciare il corpo durante un rito sacro;
  • quando c’è luce (jyotiḥ):
    • Può essere la luce dei corpi celesti, ovvero sotto condizioni planetarie favorevoli;
    • Può essere la luce della coscienza, ovvero lasciare il corpo in uno stato di grazia;
    • Può essere sotto la luce del Sole, all’aperto;
  • di giorno (ahaḥ), tra il sorgere del sole e il tramonto;
  • nella fase crescente della Luna (śuklaḥ);
  • nei sei mesi (ṣaṭ-māsāḥ) in cui il Sole transita dal Capricorno al Gemelli (uttara-ayanam), da gennaio a luglio.

La liberazione non è ottenuta

Il verso 8.25 mostra invece le condizioni contrarie rispetto al verso precedente:

dhūmo rātris tathā kṛṣṇaḥ

ṣaṇ-māsā dakṣiṇāyanam

tatra cāndramasaṁ jyotir

yogī prāpya nivartate

Se il passaggio avviene in uno stato incosciente (dhūmaḥ), di notte (rātriḥ), nella fase calante della Luna (kṛṣṇaḥ), da luglio a gennaio (ṣaṭ-māsāḥ dakṣiṇa-ayanam), la persona deve reincarnarsi ancora.

I tre aspetti chiave del passaggio

Nella Bhagavad-gītā vengono considerati 3 aspetti, elencati in ordine crescente di importanza:

  • Il momento in cui si muore (Capitolo 8, versi 24-25), che si può osservare a posteriori attraverso la carta del defunto; è questo quello che abbiamo visto in questo articolo. A proposito puoi approfondire con Puṇya Cakra – Oroscopo del Defunto.
  • la coscienza e i pensieri che si hanno nel momento del passaggio (Capitolo 8, versi 5-6, 10); La vita è una preparazione alla morte, così i pensieri che avrai in quel momento dipendono da come vivi la tua vita. Se nel momento fatidico riesci a recitare mantra e preghiere fissando la tua mente sull’Assoluto, il gioco è fatto! Il momento in cui lasci il corpo è derivato dalla coscienza che hai nel momento del passaggio.
  • il progresso spirituale della persona (Capitolo 6, versi 40-45); il progresso spirituale che una persona ha fatto nella vita non è mai perduto e viene rievocato a tempo debito nelle future destinazioni che una persona sarà guidata a prendere. Il momento in cui si muore e i pensieri che avrai nel momento della morte sono determinati dal tuo progresso spirituale che hai maturato in questa e altre vite. A proposito puoi guardare queste mie conferenze: Destinazione dopo la MorteSamsara.

Questi tre aspetti sono correlati fra loro e sono modificati da un quarto elemento, che può sempre cambiare le carte in tavola: la grazia divina.

L'immortalità e il passaggio 3

Cosa accadde allora a Bhīṣma?

Ecco, siamo arrivati all’epilogo del nostro articolo. Bhīṣma – che combatteva, a causa del suo voto, nella fazione rivale – venne sconfitto con uno stratagemma da Arjuna, durante la battaglia di Kurukṣetra. Siccome Bhīṣma era pressoché immortale, Arjuna lo trafisse con migliaia di frecce. Neanche un centimetro del suo corpo rimase libero dalle frecce. Potendo scegliere quando morire Bhīṣma – che aveva ascoltato la Bhagavad-gītā mentre Kṛṣṇa la narrava ad Arjuna – aspettò il momento propizio. Ciò avvenne durante la fase dakṣiṇa-ayanam. Aspettò più di un mese coricato in questo speciale letto fatto di frecce, degno di un eroe.

Troviamo questo nel capitolo 1.9 del Bhāgavata Purāṇa (in particolare nel verso 1.9.29):

dharmaṁ pravadatas tasya
sa kālaḥ pratyupasthitaḥ
yo yoginaś chanda-mṛtyor
vāñchitas tūttarāyaṇa

Aspettò che il sole passasse in Capricorno, la luna crescente, l’ottavo giorno dalla Luna Nuova, di giorno mentre il Sole splendeva nel cielo. Lì presenti i superstiti e Kṛṣṇa dal volto di loto. Bhīṣma era lì, coricato su un letto di frecce, dopo una vita dedicata al servizio, dedicata agli altri. Tranquillo, rilassato, oltre il dolore di quei dardi affilati.

Come ultimo suo servizio – sotto richiesta di Kṛṣṇa – istruì il fratello maggiore di Arjuna, Yudhiṣṭhira. Yudhiṣṭhira, che paradossalmente significa “colui che è bilanciato anche durante la guerra”, era scosso, depresso dalla morte di così tante persone, non vedeva futuro. Yudhiṣṭhira sarebbe stato il nuovo monarca, avrebbe dovuto governare l’impero, ma non aveva più le forze. Bhīṣma, il mahājana (grande personalità), gli diede istruzioni di luce e di speranza.

La vita è servizio. La vita e dedizione. La vita è un atto sacro di vero amore.

Dopo aver svolto questo ultimo atto, tra le braccia di Kṛṣṇa, mentre sussurrava il mantra “eh Govinda”, in piena coscienza divina, decise di andare.

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